Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Imparzialità delle corti. Per comprendere la pluralità non dobbiamo abbandonare la unicità dei principi

di Daniela Piana
professoressa ordinaria di scienza politica

I risultati del Forum mondiale dedicato all'alta cultura della giurisdizione tenutosi a Perugia nel settembre 2024

1. Le premesse ed il valore conoscitivo ineludibile della comparazione 

L’imparzialità del giudice è un principio generale e fondante dello Stato di diritto e della democrazia. Assume forme istituzionali e riflessi funzionali diversi, parallelamente ai diversi modelli di condizioni culturali, storiche e istituzionali in cui il principio dello Stato di diritto è radicato. Tuttavia, a prescindere dalla varietà del modello istituzionale, un insieme di dimensioni che compongono l’intero spettro empirico che dovrebbe essere preso in considerazione quando si studia e si promuove l’imparzialità della giustizia è accessibile agli studiosi, ai decisori politici e agli attori della giustizia. Combinare approcci comparativi, osservazioni a più livelli - a livello individuale e sistemico - e una ferma adesione a principi universali sembra essere la strategia intellettuale più̀ promettente per affrontare le riforme giudiziarie e i progetti istituzionali. 

Dal punto di vista empirico, cioè dalla prospettiva dell’osservatore interessato a comprendere lo Stato di diritto “agito”, ossia attuato, attraverso le funzioni terze che, stando al principio di imparzialità, sono assegnate a strutture istituzionali garanti di questa, cosa guardare per comprendere come e fino a che punto in un determinato sistema nazionale è effettiva la imparzialità? 

Addentrarsi nel significato empirico dello Stato di diritto implica l’adesione a un approccio globale in cui fattori di genere diverso e operanti a livelli differenti sono considerati come elementi costitutivi di un sistema di interdipendenza. È opinione comune, nella dottrina e nella pratica, che l’imparzialità della magistratura e l’efficienza della gestione dei procedimenti giudiziari siano interconnesse. Se la giustizia viene assicurata ben oltre un periodo di tempo ragionevole, in quanto patologia abituale del sistema giudiziario, nonostante le garanzie formali e costituzionali di indipendenza della magistratura, la diversa tolleranza dei cittadini di fronte a una lunga attesa per la risoluzione di una controversia, l’effetto complessivo di una potenziale discriminazione - più favorevole a quei gruppi o cittadini che possono permettersi di attendere rispetto a quelli le cui risorse sono immobilizzate per tutta la durata del processo - non può essere evitata dalla mera protezione formale dello status di indipendenza della magistratura. Analogamente, è ampiamente riconosciuto che i programmi avanzati di formazione e professionalizzazione per gli organi giudiziari non saranno in grado di soddisfare le esigenze di imparzialità dei cittadini se il dibattito pubblico sulla giustizia si accanisce contro il ramo giudiziario e mette a repentaglio la legittimità degli attori che attraverso di esso servono i valori democratici. Gli studiosi, gli addetti ai lavori e le istituzioni che si occupano di promuovere, tutelare e ripristinare l’imparzialità della giustizia convergono consensualmente verso una tesi semplice e comunque convincente. L’imparzialità, osservata da questa prospettiva socio giuridica, è un fenomeno dinamico, risultante da una combinazione di fattori, alcuni dei quali assumono la forma di norme giuridiche - come le disposizioni che introducono nelle costituzioni e nei sistemi statutari le garanzie formali dell’indipendenza della magistratura - altri assumono la forma della posizione professionale di giudici e avvocati, patrocinanti e pubblici ministeri, nonché di tutte le unità di personale amministrativo che intervengono nei procedimenti. 

Per affermare brevemente ciò che può essere espresso in una lunga analisi, la natura interdipendente dei diversi fattori che intervengono per garantire di fatto l'imparzialità e per promuovere in re e in dicta la capacità e la rappresentazione dell'imparzialità nel funzionamento quotidiano della magistratura dovrebbe essere presa tranquillamente come premessa del ragionamento delineato qui. 

Per seguire la premessa chiave che sostiene una comprensione funzionale della governance giudiziaria in cui i fattori strutturali e formali sono parte di un quadro più ampio in cui i fattori culturali comportamentali e comunicativi sono presi in considerazione allo stesso modo, la visione dello stato di diritto così come è messo in moto trae origine dal riconoscimento del ruolo essenziale svolto da due fattori: 

· La qualità del giudice 

· La cultura della legalità caratterizzata dai pari e dai professionisti all'interno dei quali la magistratura interagisce per ragioni funzionali, comunicative, istituzionali e procedurali.

Un recente lavoro sviluppato dall'European Network of Judicial Training, che sottolinea l'interdipendenza dei fattori che intervengono nel processo che determina lo stato di diritto in azione, ha evidenziato il nesso che collega la qualità del giudice alla fiducia pubblica che i cittadini e gli attori sociali accordano alla magistratura e, in ultima analisi, alla legge: «Abbiamo sviluppato le seguenti definizioni di ciascuno di questi otto valori nel nostro lavoro precedente: Indipendenza (...); Imparzialità (...), Trasparenza (...); Responsabilità (...); Partecipazione; Giustificazione reattiva; Efficienza» (Devlin, 2024). 

Il riconoscimento della natura interdipendente delle relazioni che connettono i vari aspetti della qualità della giustizia converge con la prospettiva internazionale sviluppata dall'Unione internazionale dei magistrati, dall'OCSE, dal sistema di norme e valori del Consiglio d'Europa e dall'ampia gamma di organismi e forum impegnati a promuovere l'indipendenza giudiziaria e la responsabilità giudiziaria per una giustizia migliore e di qualità superiore per tutti.

Il modello di interdipendenza dell'imparzialità giudiziaria mostra apparentemente la natura circolare e integrata delle qualità che caratterizzano i sistemi giudiziari e il ruolo essenziale svolto dalle caratteristiche incentrate sull'attore. In altre parole, l'imparzialità giudiziaria è un metodo di cognizione giudiziaria prima ancora che un obiettivo da raggiungere con garanzie formalizzate nella Costituzione o nelle leggi statutarie. Nel caso in cui queste ultime siano concepite e adottate in perfetto accordo con l'acquis europeo, il risultato finale auspicabile - in particolare, l'effettiva messa in moto dello Stato di diritto - dipende dall'impegno culturale e cognitivo degli attori. 

Se l'analisi di un sistema nazionale si basa su un approccio socio-giuridico, le variabili culturali e cognitive vengono completamente alla luce. Questo porta a: 

· Individuare le sfide principali e convergenti che possono mettere a rischio l'imparzialità giudiziaria. Vengono sottolineate in particolare le ondate di cambiamenti esogeni contemporanei - come i media, l'intelligenza artificiale - e i fenomeni a lungo termine - come l'espansione incrementale del campo d'azione dei tribunali all'interno dei sistemi democratici.

· Riflettere sulle potenziali convergenze tra i diversi sistemi giuridici nazionali in merito alle leve che si rivelano critiche e strategiche per proteggere o aumentare l'imparzialità.

· Evidenziare il ruolo centrale svolto dalla qualità del giudice, che è direttamente correlata alla cultura e alla professionalità complessiva degli attori della giustizia. 

 

2. La costruzione ed il rafforzamento della “postura” della imparzialità: un tema comune nei paesi del mondo 

Il nesso tra la promozione dello Stato di diritto e la formazione giudiziaria deriva da un principio astratto, che considera la professionalità giudiziaria un'efficace barriera contro qualsiasi tipo di influenza (illegale) che metta a rischio l'imparzialità del giudizio. Questo ragionamento non si riferisce esclusivamente al contesto della promozione dello Stato di diritto. In qualsiasi sistema politico, la funzione giudiziaria funziona in due modi: da un lato, rappresenta un modo per gestire i conflitti (Shapiro, 1981), mentre, dall'altro, la legge deve essere applicata correttamente e ai giudici è affidato il compito di farlo. Affinché entrambe le funzioni siano svolte in modo adeguato, è necessario un sistema di formazione giudiziaria solido e legittimo. 

L'imparzialità del giudizio dipende quindi dall'efficacia del sistema di educazione giudiziaria, ed è questo secondo aspetto il punto cruciale delle democrazie costituzionali. Infatti, solo giudici imparziali possono legittimamente giudicare. Pertanto, la riforma dei programmi di formazione giudiziaria rappresenta un punto di svolta nella trasformazione di un regime non democratico in uno democratico. Nei regimi transnazionali, come il sistema di governance europeo, l'educazione giudiziaria sembra svolgere un ruolo ancora più complesso. La conseguenza prescrittiva che discende dal primato del principio di imparzialità, un principio che obbedisce alla natura triadica, nelle parole di Martin Shapiro, del meccanismo di soluzione delle controversie e dei conflitti che più appare capace di rispondere alla domanda di impersonalità della risposta che le parti cercano – per potere accettare qualsiasi sia l’esito della decisione l’effetto che quest’ultima avrà sulla loro vita – porta direttamente a valorizzare la professionalità e la qualità culturale del personale che opera nelle corti. 

Si tratta, se si accettano le premesse qui tratteggiate, di una conseguenza valida trasversalmente a tutti i sistemi nazionali. Non sorprende dunque che l’Unione internazionale magistrati abbia sviluppato un ampio ventaglio di iniziative proprio sul tema della formazione. Attraverso di questa, infatti, i giudici dovrebbero essere in grado di gestire i conflitti non solo applicando la legge, ma anche interpretando i principi giuridici, le norme costituzionali e le leggi internazionali e facendo riferimento a norme e procedure che hanno validità oltre i confini nazionali. Esse svolgono un ruolo fondamentale nell'adattare le norme giuridiche nazionali ai principi e alla giurisprudenza sovranazionali: di conseguenza, in un simile contesto istituzionale, le competenze giuridiche vengono utilizzate anche per creare, selezionare e interpretare le norme giuridiche. 

Va sottolineato anche il fatto che la professionalità giudiziaria non si costruisce solo con la formazione giudiziaria. Imparare a comportarsi come giudice è un processo molto più completo e in qualche modo parzialmente tacito di quello che si innesca semplicemente con l'esposizione a programmi di formazione giudiziaria. Sicuramente, formando il personale giudiziario, qualsiasi istituzione mira a costruire capacità e competenze. Questo non riguarda solo gli individui - giudici e pubblici ministeri - ma anche gli uffici in cui questi individui lavorano. Pertanto, l'analisi completa dei meccanismi di sviluppo delle capacità che avvengono all'interno del sistema giudiziario per rendere il personale giudiziario in grado di svolgere adeguatamente il proprio ruolo dovrebbe comprendere, in linea di principio, l'analisi della formazione giudiziaria e l'analisi dei meccanismi di controllo intra-organizzativo che avvengono all'interno degli uffici giudiziari in cui vengono formati i giudici nominati.

Nonostante ciò, non si può negare il ruolo cruciale svolto da questi ultimi nel garantire il buon funzionamento del sistema giudiziario. Ci si aspetta che gli attori giudiziari e, in senso più ampio, gli studiosi ed esperti di diritto condividano un linguaggio comune in modo da creare una comunità epistemica capace di superare nel pensiero e nelle elaborazioni culturali, così come – lo diremo – nelle dinamiche di apprendimento orizzontale i confini e i perimetri territoriali e funzionali. Guardare orizzontalmente agli altri sistemi è non solo un modo con cui si declina concretamente il dialogo fra corti, ma anche una forma attraverso la quale si costruisce quella postura che trova rafforzamento e condivisione proprio attraverso la consapevolezza delle relazioni di scambio di idee con colleghi e attori simili per funzioni siti in diversi paesi. 

I principi generali - come indicato nel modello di interdipendenza dello Stato di diritto in azione - sono complessivamente messi in stretta relazione con la professionalità giudiziaria e la cultura dell'integrità e dell'imparzialità. Essi sono inseriti in una vasta gamma di strategie, politiche e programmi di promozione dello Stato di diritto e, all'interno di questo ampio flusso politico, di formazione giudiziaria. L'insegnamento principale che se ne può trarre è la predominanza di un principio, che funge da linea guida ispiratrice per tutte queste attività: se i giudici e i procuratori sono formati, ciò favorirà l'assorbimento e l'attuazione del principio dello Stato di diritto.

Sappiamo che nello spazio europeo l'avvio di un discorso europeo sulla formazione giudiziaria è avvenuto nel 1997, quando la Commissione europea ha intrapreso la strategia di preadesione il cui obiettivo principale era quello di regolare e garantire il processo di adattamento istituzionale e giuridico dei Paesi candidati situati nei Paesi di nuova associazione (Piana, 2024). Tra le azioni intraprese in questo contesto, la formazione giudiziaria può essere considerata uno degli strumenti chiave utilizzati dalla Commissione europea per promuovere lo Stato di diritto. A causa del contesto specifico rappresentato dai piccoli Stati, la Commissione europea può preferibilmente adottare il sostegno di nuovi programmi e fornire meccanismi di formazione giudiziaria per trasmettere ai Paesi uno “Stato di diritto europeo”. In questo modo, la Commissione europea intende promuovere una concezione europea del diritto e, più pragmaticamente, una magistratura abile e competente. La preoccupazione della Commissione europea (che agisce come agente degli Stati membri) era duplice. 

Da un lato, gli attori giudiziari nominati durante l'era non democratica dovevano essere risocializzati per riorientare la loro cultura giuridica verso uno standard più vicino al concetto europeo di Stato di diritto. Dall'altro lato, a questi Paesi, che all'epoca stavano vivendo un processo globale di cambiamento giuridico che comportava la trasformazione delle leggi interne, si chiedeva di compiere uno sforzo supplementare, ossia di adottare l'acquis comunitario.

I giudici e gli operatori del diritto, formati nelle discipline giuridiche nazionali, erano ora sottoposti a una doppia pressione: rinnovare la loro conoscenza del sistema giuridico nazionale (poiché quest'ultimo stava cambiando rapidamente) e incorporare la competenza del diritto dell'UE nelle loro conoscenze. Nonostante la formazione giudiziaria possa essere trattata come una questione politica minore, lontana dalle questioni contestate della politica dura, come la riforma dell'assetto istituzionale che governa la magistratura, essa rappresenta un terreno in cui sono state spese molte risorse e capacità per accelerare il processo di 1) modernizzazione del sistema giudiziario; 2) adozione di norme europee; 3) integrazione europea. Tutto ciò non è avvenuto senza conflitti e resistenze. 

Un ulteriore livello di ragionamento, che si intreccia parzialmente con il primo, riguarda l'obiettivo degli standard europei in questo campo. Vanno citati due aspetti fondamentali. Gli standard europei si fondano sull'idea che una cultura giudiziaria europea debba essere sia divulgata - in quanto già esistente ma in qualche modo dimenticata - sia rafforzata e potenziata. L'obiettivo dell'influenza europea è quindi il contenuto dei programmi di formazione giudiziaria. Questi dovrebbero includere corsi di diritto dell'UE e di diritto comparato per fornire una conoscenza generale dei sistemi giuridici europei e dell'ordinamento giuridico europeo. Un aspetto importante discusso in questa sede è la necessità di garantire che la formazione giudiziaria non sia catturata o tenuta in ostaggio dalle politiche di bilancio dell'esecutivo. In altre parole, l'idea è che la scuola giudiziaria debba essere autonoma non solo nella progettazione dei programmi, ma anche nel bilancio. 

L'educazione giudiziaria ha dimostrato di avere un'enorme influenza sulla trasformazione dell'ambiente giuridico. Infatti, se solo si può affidare a giudici e procuratori il compito di essere attori equi e prevedibili nell'applicazione della legge, le transazioni economiche possono essere realizzate in modo efficiente, senza i costi aggiuntivi che possono derivare dall'arbitrarietà e dal clientelismo nell'applicazione della legge.

Infatti, se solo si può affidare a giudici e pubblici ministeri il compito di essere attori equi e prevedibili nell'applicazione della legge, le transazioni economiche possono essere realizzate in modo efficiente, senza i costi aggiuntivi che possono derivare dall'arbitrarietà e dal clientelismo nell'applicazione della legge. La formazione giudiziaria è stata considerata una delle condizioni chiave per consentire agli attori giudiziari di essere indipendenti da possibili influenze da parte del potere politico e aziendale, un requisito stabilito dal Consiglio d'Europa a nome della comunità internazionale. 

L'obiettivo d'impatto previsto è duplice. Da un lato, ci si aspetta che la professionalità di giudici e pubblici ministeri venga creata in un'arena veramente transnazionale, al di là dei confini nazionali. Il programma promuove la partecipazione di giudici e procuratori a iniziative di formazione organizzate in Stati membri diversi da quello in cui lavorano. D'altra parte, il fatto che formatori e tirocinanti entrino in contatto crea anche un meccanismo di comunicazione transnazionale, che favorisce possibili comportamenti imitativi tra gli istituti di formazione giudiziaria. Uno dei punti chiave dell'agenda dell'UE è l'integrazione dei corsi di diritto dell'UE nella formazione iniziale e di servizio. Ciò avviene anche grazie alla conoscenza reciproca. 

Allargando tuttavia lo sguardo alle aree extra europee permette di rispondere ad una domanda oggi cogente: esistono sfide comuni che il cambiamento sociale, economico, politico indirizza verso le condizioni di garanzia – nella prospettiva fattuale e funzionale – della imparzialità? Se infatti all’interno dello spazio europeo siamo soliti pensare in una prospettiva di convergenza sui principi del sistema euro-comune e sulle istituzioni entro cui si declinano tali principi nei diversi ordinamenti nazionali, la comparazione estesa al di fuori dell’Unione europea necessita di riprendere come unità di analisi il plesso, pur complesso, che lega le istituzioni dello Stato nelle loro dinamiche di interazione e quello che riguarda lo status delle corti connesso con la loro effettiva esperienza di crescita professionale e di capacità organizzative. Di qui l’interesse di ragionare attraverso una griglia funzionale e multi-livello che sia capace di vedere la funzione giudicante sia sotto il profilo delle qualità dell’attore individuale, sia sotto il profilo delle interazioni con le altre funzioni che operano nel perimetro delle società nazionali – dalla domanda di giustizia, alla domanda di diritto (le due cose non necessariamente essendo riducibili la seconda al primo), alla organizzazione delle corti, fino al governo della innovazione e del cambiamento, oggi così pressanti e così dirompenti in tutti i settori istituzionali. 

 

3. Mettere al centro la postura epistemica significa riconoscere il dialogo fra paesi 

La natura socio-giuridica dell'imparzialità e dello Stato di diritto in azione diventa il perno e il segno distintivo del paradigma con cui tutti gli attori vedono, assicurano e proteggono - de facto al di là del puro livello de jure - lo Stato di diritto. Nelle scienze umane, infatti, accade che la scelta dell'oggetto di studio sia orientata da obiettivi di natura scientifica e sociale, dove l'intento è quello di contribuire a un dibattito pubblico le cui conseguenze hanno un significato diffuso e profondo sul modo in cui le istituzioni, gli attori sociali e politici, mediano.

In questo senso, il valore epistemico della prova verbale, espressa in parole, deve essere bilanciato con l'altrettanto significativo valore conoscitivo che deriva dalla prova gestuale, dall'oralità e dal silenzio. In contesti in cui la parola interviene nella forma della categoria giuridica, cioè della fattispecie di diritto sostanziale, e delle istituzioni processuali che danno corpo all'organizzazione marcata, regolata, prevedibile e trasparente dell'azione, la fenomenologia sociale che si esprime in una "non-parola" è di particolare momento per aprire un varco e svolgere non semplici ma necessarie azioni di ricerca empirica su ciò che accade come "fatto sociale" prima ancora che come "fatto giuridico-istituzionale". Di conseguenza, il modo in cui i giudici si comportano, il modo in cui i giudici comunicano con i gesti, il modo di essere all'interno del contesto sociale, il modo di consegnare le parole ufficialmente ai media, tutti questi aspetti riguardano l'imparzialità come fenomeno “socio-giuridico”.

La prospettiva per la futura progettazione della formazione rivolta agli attori della giustizia è quella di avere come punto focale metaforico la nozione di spettatore imparziale. Nel lavoro di Adam Smith, lo spettatore imparziale è una posizione epistemica che si costruisce progressivamente all'interno dello spettro cognitivo dell'individuo, dove gli orientamenti normativi prendono la forma della capacità di vedere la propria azione dal punto di vista di uno spettatore imparziale. In questo modo, l'imparzialità dovrebbe essere una forma di razionalità riflessiva che aiuta i decisori a specchiarsi negli occhi di uno “spettatore imparziale” che interiorizza l'accettabilità delle proprie decisioni e azioni. 

Dare forma all'imparzialità significa ampliare lo spettro dei pari che vengono presi fisiologicamente in considerazione entro i confini dello Stato unico. Attraverso il networking, il dialogo orizzontale e l'apprendimento reciproco, i giudici e gli attori della giustizia possono rafforzare i loro legami con una comunità epistemica transnazionale, che può diventare la fonte di modelli e standard etici, cognitivi e comportamentali.

Partendo da queste premesse di natura teorica e metodologica e rendendole effettivamente e concretamente applicabili al tema in oggetto è stato avviato nel 2024 un percorso annuale di riflessione e di elaborazione di contenuti e orientamenti di policy nel contesto di un Forum dedicato all’alta cultura della giurisdizione promosso da un partenariato facente perno sul Centro Internazionale Magistrati Luigi Severini, la Unione Internazionale Magistrati, la Société de Législation Comparée. La motivazione istituzionale di questa iniziativa può essere riassunta come segue: nonostante le innumerevoli riforme e azioni intraprese per soddisfare le esigenze di una giustizia migliore per tutti, è palesemente riconosciuto che i sistemi giudiziari si trovino oggi ad affrontare una serie di sfide senza precedenti. 

La prima deriva dall’ondata di trasformazione dirompente che si è scatenata in seguito allo sviluppo massiccio delle piattaforme digitali, delle infrastrutture e del potenziale associato alle nuove applicazioni delle scienze dell’intelligenza artificiale. 

La seconda, in parte collegata alla prima, si riferisce alla crescita esponenziale dei media e dei produttori e fornitori di contenuti multimediali, che influenzano l’immagine e la reputazione delle istituzioni, nonché l’orientamento e la propensione dell’opinione pubblica a concedere fiducia alla magistratura. 

Una terza sfida, più sistemica, deriva da un fenomeno dominante che può essere declinato in termini di crisi dei regimi democratici che, nonostante la tutela formale dello Stato di diritto, stanno vivendo, in forme diverse e accanto a diversi processi di cambiamento, il rimescolamento degli equilibri tra i rami dello Stato.

Per riassumere ciò che potrebbe essere oggetto di una lunga analisi, la natura interdipendente dei diversi fattori che intervengono per garantire di fatto l’imparzialità e per promuovere in re e in dicta la capacità e la rappresentazione dell’imparzialità nell’operatività quotidiana della magistratura dovrebbe essere presa con sicurezza come premessa del ragionamento qui delineato.

Come si è operato all’interno del Forum? L’organizzazione dei lavori ha riflesso appieno le premesse teoriche e metodologiche qui tratteggiate, affrontando per paesi diversi e diversamente situati nelle aree del mondo, le stesse dimensioni, ovverosia le stesse sotto-funzioni di quel sistema di interdipendenze di cui si è detto. I gruppi di lavoro hanno svolto i loro lavori attraverso le piattaforme interattive che ad oggi permettono di realizzare contenuti fondati su conoscenze e dati comparati con una sostenibilità di costi ed una reale fattibilità. Le riflessioni elaborate suddivise in cinque aree tematiche, sono il risultato di una metodologia di lavoro che combina un approccio comparativo con un forte radicamento sia nell’attuale panorama accademico, sia nei casi e nei dibattiti più importanti. Per dare seguito alla premessa chiave, che sottintende una comprensione funzionale della governance giudiziaria, in cui i fattori strutturali e formali sono parte di un quadro più ampio in cui vengono presi in considerazione anche i fattori culturali, comportamentali e comunicativi, il quadro di riferimento è modellato sulla metafora del “tempio”, in cui i programmi e le risorse sono colonne che poggiano su un basamento fatto di valori e, tutti e tre insieme, determinano la fiducia dell’opinione pubblica nell’imparzialità della magistratura. Gli esperti qualificati hanno suddiviso il modello del “tempio” dell’imparzialità giudiziaria in cinque focus tematici. Per ciascuno di essi, l’analisi affronta tre aspetti: le sfide contemporanee, le potenziali leve su cui puntare con politiche e programmi volti a migliorare o garantire l’imparzialità della magistratura, e i casi/le pratiche che esemplificano ragionamento applicato in riferimento sia alle sfide che alle leve. In altre parole, gli esperti valutano gli elementi di comparazione: 

- individuare le sfide principali e convergenti che possono mettere a rischio l’imparzialità della giustizia. Le ondate di cambiamenti esogeni contemporanei - come i media, l’intelligenza artificiale - e i fenomeni di lungo periodo - come l’espansione incrementale del campo d’azione dei tribunali all’interno dei sistemi democratici - vengono messi in particolare evidenza. 

- riflettere sulle potenziali convergenze tra i diversi sistemi giuridici nazionali e sulle leve che si rivelano critiche e strategiche per tutelare o aumentare l’imparzialità. 

- evidenziare il ruolo centrale giocato dalla qualità del magistrato, che è direttamente correlata alla cultura e alla professionalità complessiva degli organi giudiziari. 

Pertanto, per ciascun focus tematico, vengono presi in considerazione sia i programmi che le risorse, dal punto di vista delle sfide - in particolare la politica adottata o le minori risorse possono essere fortemente strumentali all’erosione dell’imparzialità - e da quello delle leve - viceversa le risorse debitamente assegnate e i programmi adottati possono contribuire a rinnovare o garantire l’imparzialità della giustizia. In tutti i temi si è sviluppato un ragionamento attento e impegnato con riferimento ai valori e alle culture. Il ruolo della formazione emerge come filo conduttore. Un punto chiave, che attraversa i cinque focus, può essere formulato come segue: l’imparzialità del giudice è il risultato di modelli interattivi all’interno delle diverse circoscrizioni, tra i diversi rami dello Stato, tra i diversi professionisti che hanno voce e ruolo all’interno dei procedimenti. Le garanzie ex ante e strutturali sono necessarie ma lungi dall’essere sufficienti.

 

4. Per concludere 

Siamo dinnanzi ad un tema di cui non si smette di parlare. Un evergreen. Non è vero che si tratta di un caso di quello che gli studiosi definiscono “new wine in old bottle”. Fenomeni nuovi, aspetti emergenti, sfide che la contemporaneità lancia in modo inedito alle garanzie che nel corso di tutto il Novecento i paesi, certamente in Europa, ma non solo, basti pensare all’America Latina e all’Africa, per fare qualche esempio, hanno costruito e cercato di consolidare. 

Il metodo empirico e comparato è esattamente il passo concettuale e pratico che serve per mettere a fattor comune le diverse esperienze nazionali, riconoscere i punti deboli e i punti forti dei modelli, trovare le condizioni che sono necessarie non solo alla introduzione delle garanzie di imparzialità, ma anche le condizioni che sono vitali perché l’imparzialità si mantenga nel tempo. Si tratta di un modo per dire, scientificamente, che lo Stato di diritto non è mai un acquis. È qualcosa per cui interrogarsi impegnarsi e agire senza discontinuità, anche nei paesi che formalmente sembra abbiano tutte le norme necessarie per tutelare l’imparzialità del giudice. Un gruppo di esperti di alto livello e di fama internazionale, proveniente da molti paesi e da diverse traiettorie professionali, che ha lavorato su una comune base concettuale, per arrivare ad una serie di highlight che offre al dibattito pubblico e istituzionale. Con una regola fondamentale. Nulla è scritto ed affermato in chiave personale. Il dialogo fra ricerca scientifica e scelte istituzionali è possibile, necessario, difficile? È possibile e è necessario. Penso che si tratti di un dialogo che arricchisce di contenuti entrambe le parti dialoganti. Vede i concetti hanno bisogno di essere messi alla prova con la realtà dei fatti e i fatti sono connotati per pluralità di culture e di esperienze storiche. Al contempo i fatti si comprendono meglio quando abbiamo strumenti solidi per interpretarli. L’idea del Forum di Perugia nasce da questo. Confrontarsi fra paesi e fra professionalità diverse perché la imparzialità della giurisdizione è un fenomeno complesso oltre che un principio da salvaguardare. La comprensione della complessità e la identificazione di possibili risposte ai problemi e alle sfide dell’oggi vengono solo dal mutuo confronto e dall’apprendimento orizzontale. 

11/04/2025
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