Leggi e istituzioni - pagina 22
Negli ultimi mesi, dopo un lungo silenzio, si è ravvivato il dibattito sulle REMS, o meglio su la riforma della esecuzione della misura di sicurezza
Un contributo alla riflessione in corso sul regime transitorio previsto dal d.l. n. 130/2020
Quando chiedo ad un avvocato che si confronta con il processo telematico un suggerimento per migliorare il sistema, la risposta è sempre la stessa: l’adozione di un processo telematico unico per tutte le giurisdizioni. Invece, quasi a fargli dispetto, ogni giurisdizione in Italia ha il suo processo telematico: il fratello maggiore è PCT in primo e secondo grado civile, secondogenito è PAT davanti al giudice amministrativo, quindi ha visto la luce il giovane GIU.DI.CO. per la magistratura contabile e poi è stata la volta del neonato PTT per il giudice tributario in primo e secondo grado. Ora, per la gioia del giudice penale, sta muovendo i primi passi PPT. Manca poco al parto di un sesto fratello, lungamente desiderato? O piuttosto il processo telematico presso la Corte di Cassazione sarà una costola del PCT che, unico tra i fratelli, per le funzioni stesse della Corte dovrà imparare a parlare presto con ciascuno di loro? E a quando il lieto evento?
L’articolo 5 del decreto legge n. 1 del 5 gennaio 2021 disciplina la manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite. Si tratta di verificare se la complessa e minuziosa normativa sia riuscita a coniugare le esigenze di celerità nella somministrazione del vaccino con le garanzie per i ricoverati sotto il profilo della tutela della loro salute e dell’espressione del consenso.
Il decreto legge n. 1 del 2021 ha introdotto una minuziosa disciplina per favorire l’espressione del consenso al trattamento vaccinale delle persone incapaci «ricoverate presso strutture sanitarie assistite». La prima lettura delle norme fa emergere alcuni problemi interpretativi e pratici.
L’esistenza di associazioni con finalità di terrorismo di natura jihadista pone problemi particolari all’interprete, perché la natura “religiosa” delle motivazioni sottostanti alle condotte investigate rende necessario prima di tutto un approccio prudente e del tutto “rispettoso” delle idee e del credo altrui. Il contributo ripercorre gli elementi costitutivi del reato di partecipazione a tale tipo di associazione, esaminando i principali arresti giurisprudenziali degli ultimi anni e ponendo l’attenzione su quello che può essere il dato probatorio nella fase iniziale delle indagini.
Il legislatore ha previsto la possibilità di effettuare le intercettazioni per agevolare la cattura sia dell'indagato che si sottrae alla custodia cautelare, sia del condannato che si sottrae all'esecuzione dell'ordine di carcerazione. Di qui l’esigenza di analizzare attentamente i presupposti, i limiti e le modalità di utilizzazione delle intercettazioni finalizzate alla ricerca dei latitanti.
Ben prima ed indipendentemente dalle sollecitazioni venute dalla crisi pandemica, il nostro processo penale avrebbe meritato di essere maggiormente “ripensato” alla luce delle molteplici potenzialità messe a disposizione dall’evoluzione tecnologica. Il momento, infine, è adesso, e richiede l’apporto consapevole e propositivo da parte di tutti gli stakeholders.
Il tema dei vaccini presenta profili particolarmente problematici nell’ambito del rapporto di lavoro. Rispetto alla soluzione drastica del licenziamento come reazione al rifiuto del lavoratore di vaccinarsi, la sospensione del rapporto nell’ambito della sorveglianza sanitaria, strategicamente orientata alla conservazione del rapporto, all’allontanamento dal rischio e ad una più appropriata logica promozionale, può rappresentare la soluzione più congrua e razionale.
Per contrastare l’introduzione clandestina, la detenzione e l’uso abusivi dei cellulari in carcere, il legislatore, nonostante l’ordinamento già preveda per il detenuto conseguenze piuttosto afflittive sul piano disciplinare e su quello dei benefici penitenziari, ha introdotto, con D.L. n. 130/2020 – non ancora convertito in legge –, l’art. 391-ter c.p. che punisce «l’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti», recependo sostanzialmente un divieto già contenuto nei regolamenti interni d’istituto. Il contributo, muovendo dalla premessa per cui i reati introdotti dalla novella costituiscono nuova incriminazione, giacché è da escludersi la configurabilità dell’art. 650 c.p., ne analizza i tratti salienti e si interroga sulla coerenza dell’intervento normativo con il principio di sussidiarietà sia esterna sia interna, promuovendo soluzioni meno invasive dell’opzione penale e contestando la sproporzione per eccesso della cornice edittale comminata dall’art. 391-ter c.p.
La rassegna delle norme in materia di campagna vaccinale anti-Sars-CoV-2 contenute nella legge di bilancio e in altri provvedimenti recenti ne segnala l’insufficienza a fronte della necessità di affrontare con leggi e regolamenti – e non con provvedimenti amministrativi – le questioni riguardanti diritti e doveri dei cittadini ed aspetti organizzativi correlati.
Considerazioni sull’art. 23, comma 8-bis del d.l. n. 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 176 del 2020
Mentre è in corso il dibattito sulla obbligatorietà o meno della vaccinazione anticovid restano senza adeguata risposta altri, più cruciali e certamente più pressanti interrogativi: chi deciderà le priorità di accesso ai vaccini e con quali strumenti? Sono molte le ragioni che fanno ritenere necessario l’intervento del Parlamento. Solo una legge - che non è affatto sinonimo di soluzione rigida - può legittimare scelte difficili e potenzialmente tragiche e stabilire la cornice e i criteri di coordinamento dell’azione delle diverse istituzioni coinvolte nell’attuazione delle vaccinazioni.
L’alternativa tra attivismo e deferenza del giudice interessa il diritto, ma non si fonda su precise categorie giuridiche. Semmai, essa rimanda all’autointerpretazione del giudice, alla posizione istituzionale ch’egli si riconosce e al tipo di rapporto ch’egli concepisce fra interpretazione e testo. In questa prospettiva, presenta criticità insormontabili la dottrina secondo la quale al giudice sarebbe consentito (e addirittura richiesto) assicurare la giustizia del caso singolo più che la corretta applicazione della legge. Resta però fermo il potere-dovere del giudice di adire la Corte costituzionale laddove tale applicazione producesse risultati illegittimi.
Gli oltre € 200 mld destinati all’Italia nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19, impongono – perché espressamente richiesto dalla Commissione UE –una riflessione globale e coraggiosa sull’efficacia della giurisdizione che necessariamente si occupi anche delle risorse umane e materiali da destinare al servizio giustizia.
L’ANM, che ancora recentemente si era occupata de “la giustizia del futuro”, deve porsi al centro di questo dibattito e concentrare da qui al 30 aprile 2021, ultima data fissata per la predisposizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), tutte le proprie forze per contribuire a delineare il volto della Giustizia da qui ai prossimi 10/15 anni.
L’articolo esamina l’efficacia degli interventi di integrazione dei redditi adottati dal Governo nei primi mesi della pandemia tenendo conto anche di alcuni pre-esistenti difetti del sistema di Welfare. Partendo da questi difetti oltre che dai lasciti di lungo termine della pandemia l’articolo riflette poi sul possibile ruolo delle imposte patrimoniali.
Il pluralismo delle giurisdizioni è oggi, dopo una lunga vicenda storica, espressione del volto pluralistico del costituzionalismo contemporaneo: gli Autori delineano il quadro dei mutamenti intervenuti nella giurisdizione amministrativa e quello delle prospettive future, nel contesto del rapporto giurisprudenziale e istituzionale con la Corte di cassazione e con lo sguardo al più vasto orizzonte storico che il post-pandemia prepara.
Il meccanismo europeo di stabilità prevede forme di intervento originariamente disciplinate in sede sovranazionale sulla base delle esigenze di risposta a crisi economiche asimmetriche. L’emergenza epidemiologica sta producendo un mutamento di regole e di prospettiva.
Ciò che distingue il sapere del giudice rispetto a quello dello scienziato è l’accesso al fatto mediato da criteri normativi: ne discende che minore è la dipendenza dell’accertamento del fatto dal criterio giuridico, maggiore è la dipendenza del giudizio dall’accertamento del consulente tecnico. Il rapporto fra sapere giuridico e sapere tecnico va tuttavia collocato, come dimostra il tema delle neuroscienze, nel quadro dello straordinario livello di specializzazione del sapere tecnico-scientifico.
La presentazione del Rapporto sull’applicazione della legge n. 69/19.
I poteri dei giudici comuni nella triangolazione con la Corte costituzionale e la Corte di Lussemburgo, da un lato, e con la stessa Corte costituzionale e la Corte di Strasburgo, dall’altro lato, si modellano giocando sul filo del rasoio tra vincoli costituzionali puramente interni e vincoli, parimenti costituzionali, derivanti dall’adesione dell’Italia all’Unione europea e alla Cedu. Lo scritto illustra lo stato attuale della giurisprudenza costituzionale e comune, che è comunque ancora alla ricerca di un punto di equilibrio.
Un appello di studiosi di diritto e procedura penale per una rinnovata attenzione al carcere
Nel contributo qui pubblicato si esamina il c.d. d.d.l. Zan (in materia di omo-lesbo-bi-transfobia) dall’angolo visuale penalistico; si considera pertanto il rilievo costituzionale del bene giuridico protetto con le nuove previsioni incriminatrici, delineando quindi la fisionomia e i contenuti delle fattispecie che si intende introdurre con la novella. Il contributo si chiude con una interessante riflessione sull’uso del diritto penale in chiave antidiscriminatoria.
Un viaggio attraverso le più significative esperienze realizzative di UPP: obiettivi perseguiti e soggetti coinvolti nella difficile ricerca di un “valore aggiunto”. Il tema delle risorse, tra finalità produttive e approcci qualitativi. Infine, un contributo progettuale per la costituzione di alcuni (fra i tanti possibili) modelli di UPP.
La “pesatura” dei procedimenti (case weighting ) è un passaggio fondamentale ma complesso per avere una corretta descrizione dei carichi di lavoro. Le esperienze europee possono aiutarci a comprendere quale metodo potrebbe essere utilizzato in Italia e se ne vale la pena.
I testi base delle audizioni parlamentari sul d.d.l. A.C. n. 2435 di Edmondo Bruti Liberati, Federico Cafiero De Raho, Giandomenico Caiazza, Giovanni Canzio, Luca Poniz, Mauro Ronco, Nicola Russo, Giovanni Salvi.
Con nota della Direzione di Questione Giustizia.
Tutto lascia pensare che l’inibizione, disposta per legge, del potere di recesso unilaterale del datore, a fronte di ragioni connesse alla organizzazione delle sue attività, finisca con il durare (almeno?) un anno. Contemporaneamente appare emergere un legame tra questa scelta, con pochi precedenti nella storia della Repubblica, e l’evoluzione della pandemia, tornata da ultimo assai preoccupante.
L’A. ripercorre in sintesi la risalente polemica tra i sostenitori del cd. “attivismo” giurisprudenziale e quelli della judicial deference dei giudici verso il legislatore. Dopo aver messo in rilievo le ambiguità dell’una e dell’altra posizione, lo stesso A. constata la crisi delle categorie tradizionali derivante dal fatto che le costituzioni rigide, garantite e “cariche di princìpi” impongono al giudice costituzionale di curarsi dell’attuazione di tali princìpi, sulla base della considerazione che lasciare inattuata la Costituzione equivale a violarla, poiché si mantengono in vigore, per un tempo indeterminato, norme giuridiche che non dovrebbero più esserci. Occorre che negli ordinamenti democratici contemporanei si armonizzino continuamente il livello di “macrolegalità” costituzionale e quello di “microlegalità” del sistema normativo sottostante. Per ottenere questo risultato può non essere sufficiente la dottrina delle “rime obbligate”, come limite alle sentenze additive della Corte costituzionale, ma può essere inevitabile andare oltre, alla ricerca di riferimenti più ampi, sempre all’interno dell’ordinamento giuridico vigente. Queste generali osservazioni di metodo vengono infine saggiate su tre importanti pronunce sul suicidio assistito, la determinazione della pena “giusta” e la determinazione del minimo vitale per la sopravvivenza degli invalidi. Con esse la Corte non si è limitata al confronto astratto tra due norme, ma ha tentato di “rendere giustizia costituzionale” a chi l’aveva fiduciosamente richiesta.