Leggi e istituzioni - pagina 8
Il saluto del Garante nazionale al Senato, 1 dicembre 2023
L’Autore, dopo aver sinteticamente illustrato le finalità generali del legal design – quale disciplina in grado di migliorare la capacità del cittadino di comprendere il contenuto delle norme e quindi sia di adeguarsi alle prescrizioni che esse gli impongono sia di avvalersi delle facoltà che esse gli attribuiscono – ne analizza alcune opportunità operative nel contesto del procedimento penale. In particolare, il contributo si concentra sulla tutela del diritto all’informazione dell’imputato e della persona offesa rispetto ai diritti loro riconosciuti nel procedimento, individuando le sedi, i casi e le forme in cui gli inediti e promettenti strumenti del legal design possono trovare più proficua applicazione. Il terreno elettivo de iure condendo viene individuato nei segmenti, invero numerosi, del procedimento penale che vedono l’imputato e la persona offesa a diretto contatto con l’ingranaggio giudiziario, senza la mediazione rappresentata dall’assistenza del difensore.
L’Autore affronta la questione della possibilità, dopo la riforma del rito civile, di discutere un’istanza di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto in un’udienza precedente a quella di prima comparizione e trattazione, regolata dal novellato art. 183 c.p.c., come ritenuto recentemente anche dal Tribunale di Bologna in un decreto del 21 settembre 2023.
Relazione per il Convegno internazionale di studi sul tema Scuola, università e ricerca: diritti, doveri e democrazia nello stato di cultura, Università degli Studi di Salerno (30 novembre 2023)
Le conseguenze di un’inattesa interpretazione delle norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro
Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 577, comma 3, c.p., nella parte in cui condizionava – con previsione generale e astratta – l’esito del giudizio di bilanciamento tra alcune aggravanti e alcune attenuanti, la Corte costituzionale ha sviluppato interessanti notazioni sul tema della discrezionalità giudiziale e sul suo responsabile esercizio.
Sebbene la “cittadinanza onoraria” non sia disciplinata da alcuna norma di legge, tuttavia sono molti i Comuni che si sono dotati di un regolamento per il conferimento e la revoca della concessione. Nel 1924 per alimentare il mito del Duce quasi tutti i Comuni conferirono la cittadinanza onoraria a Mussolini e da qualche anno le proposte di revoca per indegnità suscitano polemiche e divisioni, anche in alcuni Comuni di provata fede antifascista sul presupposto che non avrebbe senso cancellare dopo cento anni, in tutt’altro contesto politico e sociale, un fatto storico. Anche la cittadinanza onoraria che il Comune di Anguillara Veneta ha conferito nel 2021 a Bolsonaro, allora presidente del Brasile, ha suscitato polemiche e diatribe che hanno investito anche la Cassazione le cui Sezioni Unite (ordinanza 01/06/2023) hanno dichiarato il difetto di giurisdizione in assenza di un «canone di legalità». Lo scritto, prendendo spunto dalla citata ordinanza ed analizzando alcuni dei tanti regolamenti comunali, si propone di dare un minimo di inquadramento giuridico di una materia di scarso interesse per il giurista e talvolta carica di notevoli valenze simboliche e ideologiche. Significativa, meritoriamente, la scelta del Comune di Adria che ha revocato la cittadinanza onoraria a Mussolini e l’ha conferita a Giacomo Matteotti.
Dopo la fase del costituzionalismo politico che, superando la concezione dell’applicazione burocratica del diritto, aveva immesso la giurisdizione nell’attuazione dell’indirizzo politico-costituzionale, ponendo all’inizio dell’interpretazione del diritto i valori dell’interprete, nell’odierna stagione del costituzionalismo per principi l’imparzialità dell’interprete è affidata all’assunzione di un dovere di indipendenza da se stesso. Che il magistrato debba anche apparire imparziale non significa però astenersi dal prendere parte al dibattito democratico, cui il magistrato partecipa esprimendo le proprie scelte politiche al pari di ogni cittadino, ma significa essere ed apparire indipendente da formazioni politiche e soggetti operanti nel settore economico o finanziario, perché la sostanza dell’imparzialità è l’indipendenza.
Note sui provvedimenti del Governo e della Commissione di Garanzia per l’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali: preoccupazione della salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati in contemperamento con la salvaguardia del diritto di sciopero, assistito da pari tutela costituzionale, oppure intento di contrastare le iniziative di lotta dei lavoratori e delle loro OOSS?
Pensare al Pianeta Terra come "casa comune", attorno alla quale si intrecciano multiple relazioni, offre lo spunto per individuare nella environmental rule of law una chiave concettuale e pratica per affrontare temi quali la tutela dell'ambiente e l'utilizzo equo delle risorse naturali
I principi deontologici vivono nel confronto tra i destinatari: l’attività deontologica della Anm va resa accessibile a tutti i magistrati
Il contributo nasce dalle riflessioni dell’autore sul concetto di laicità nell’ordinamento italiano, con particolare riferimento alla giurisprudenza sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e sull’esposizione del crocifisso nei luoghi istituzionali.
Obiettivo del presente contributo è fornire una lettura socio-giuridica sulle riflessioni emerse dalla ricerca in merito ad alcuni aspetti della riforma dell’ordinamento giudiziario. Il dibattito attorno alla riforma, oltre a riscuotere ampia risonanza mediatica, è un tema particolarmente rilevante per i magistrati stessi, sia per via delle ricadute sulla quotidianità lavorativa, sia, più in generale, per l’impatto sulla rappresentazione sociale di tale ruolo. Il processo di riforma tocca infatti alcune questioni sostanziali in tema di organizzazione giudiziaria, con effetti sulla separazione dei poteri, sull’autonomia del magistrato stesso e, in termini più generali, sul rapporto tra magistrati e politica.
Il contributo si focalizza sulle differenze di genere in magistratura alla luce della ricerca, sottolineando i principali elementi emersi sul punto nelle interviste con magistrate e magistrati. Quale tematica ricorrente nelle interviste, viene posta particolare attenzione alla questione della maternità, ricostruendo le varie prospettive che si sono delineate sulla questione. Alla luce della femminilizzazione numerica della magistratura, nel contributo vengono inoltre elaborate alcune riflessioni sulle esperienze delle donne negli uffici giudiziari e sulla – persistente – minore presenza femminile negli incarichi direttivi e semidirettivi.
In questo articolo si introducono alcune riflessioni, frutto delle testimonianze offerte dai magistrati coinvolti nella ricerca, sul rapporto fra scelte organizzative e gestione dei carichi di lavoro. In particolare, si è inteso indagare sull’approccio dei magistrati rispetto a quell’insieme di pratiche e concezioni che sono definite attraverso l’etichetta di New Public Management. Ciò che emerge è un quadro molto conflittuale dove gli intervistati si mostrano particolarmente critici, sia nei confronti delle scelte del legislatore, sia rispetto ai criteri di assegnazione degli organici e dei carichi di lavoro. I risultati stimolano alla produzione di nuovi studi e ricerche sull’amministrazione della giustizia in Italia in vista di ulteriori riforme che dovrebbero essere finalmente condivise da tutti gli attori in campo.
Il contributo indaga la percezione che i magistrati coinvolti nella ricerca hanno rispetto a un’accresciuta tecnologizzazione della loro professione, evidenziando i principali nodi critici affrontati durante le interviste e i focus group. Dopo aver fornito una proposta di classificazione degli strumenti tecnologici applicabili al giudizio, tra strumenti diagnostici e prognostici e strumenti autonomi o dipendenti dagli input umani, l’articolo distingue tra strumenti tecnologici utilizzati dal magistrato e sul magistrato. Dal magistrato, quando tali strumenti sono messi a disposizione per affinare, agevolare, velocizzare o ampliare qualsiasi attività processuale, a prescindere dalle funzioni ricoperte; sul magistrato, quando vengono invece utilizzati per “misurare” le performance professionali in termini di qualità e quantità di lavoro svolto dal singolo magistrato o dall’ufficio giudiziario di appartenenza.
I magistrati che hanno partecipato alla presente ricerca hanno assunto le funzioni a seguito del superamento del concorso di secondo grado. In questo contributo saranno trattati i temi emersi nelle interviste e nei focus group con riferimento ai percorsi, alle esperienze formative e professionali pre-concorso e post lauream, si passeranno in rassegna poi le opinioni che questi nutrono nei confronti del concorso e del recente intervento legislativo che lo ha riformato, ma anche nei confronti della formazione, iniziale e permanente, erogata dalla Scuola Superiore della Magistratura. Il contributo termina infine con alcune considerazioni sulla forma mentis del magistrato e sul ruolo della formazione, soprattutto con riferimento all’interdisciplinarità a cui essa deve ambire e alle cosiddette soft skills.
Dedicando uno specifico spazio di attenzione al tema della formazione accademica, la ricerca ha invitato i giovani magistrati a riflettere retrospettivamente sul ruolo esercitato dagli studi universitari nel percorso di formazione del loro sapere di magistrati. Le considerazioni raccolte delineano una cultura giuridica dei giovani magistrati critica nei confronti di un’educazione che veicola una concezione del diritto ideale e distante dalla realtà. Allo stesso tempo, la ricerca rileva, nella percezione dei magistrati, la mancata corrispondenza tra le conoscenze richieste dal sistema di reclutamento e le competenze necessarie all’effettivo svolgimento delle funzioni.
La presente nota ricostruisce la metodologia adottata nell’ambito della ricerca, focalizzandosi sugli strumenti della ricerca qualitativa – interviste e focus group – selezionati e utilizzati nell’indagine. La nota presenta inoltre una descrizione del campione dei magistrati partecipanti alla ricerca, focalizzandosi su alcune caratteristiche, quali la regione sede di lavoro, il genere, la funzione, il settore, l’anno di presa di servizio.
Il presente contributo pone attenzione sulla dimensione motivazionale dei giovani magistrati partecipanti alla ricerca. Prendendo avvio dalle motivazioni espresse nelle interviste e nei focus group circa l’ingresso in magistratura, vengono delineate le diverse prospettive sul tema. Successivamente, l’attenzione viene focalizzata sulle (diverse) motivazioni alla base della scelta del settore – civile o penale – o della funzione, giudicante o requirente. Vengono illustrate, in particolare, anche le motivazioni espresse dai magistrati che hanno scelto di prestare servizio nella magistratura di sorveglianza. Infine, viene messo in luce l’incontro/scontro tra le idee, le opinioni, le percezioni del ruolo del magistrato antecedenti all’ingresso in magistratura con il lavoro, reale e concreto, negli uffici giudiziari.
Come è cambiata negli ultimi decenni la cultura giuridica dei giovani magistrati italiani? Viene qui proposta una prima analisi dei risultati della ricerca che prova a utilizzare, in una prospettiva storico-sociologica, una tipologia di modelli di giudice elaborata sul finire degli anni settanta. Partendo da quest’ultima, l’Autore evidenzia persistenze e discontinuità in tre modelli di magistrato (l’integrato-tradizionalista, l’alienato-burocratizzato e il deviante-innovatore) che, in qualche misura, riescono a descrivere con un certo grado di esaustività gli elementi presenti nella cultura giuridica dei magistrati che si sono affacciati alla professione nell’ultimo decennio. Una modellistica ideal-tipica, che cerca di porre le premesse per ulteriori indagini mirate a una sua più accurata validazione statistica.
Formazione, condizioni di lavoro, problemi, criticità e aspirazioni dei magistrati entrati in magistratura dal 2013 in avanti in una ricerca commissionata da Questione giustizia all’Università di Torino
Lo scritto riproduce, con aggiornamenti, la relazione introduttiva della XV Assemblea degli Osservatori sulla giustizia civile che si è svolta a Catania dal 16 al 18 giugno 2023 sul tema Il diritto come relazione: essere giurista dinanzi alle riforme
Nell’articolo si esamina la recente sentenza della Corte costituzionale n. 161 del 2023 relativa ad una questione di costituzionalità dell’art. 6, comma 3, della L. 40 del 2004, recante norme in materia di procreazione assistita, laddove, esclude che, una volta avvenuta la fecondazione dell’ovulo, l’uomo non possa revocare il consenso all’impianto dello stesso nell’utero, a differenza di quanto è consentito alla donna a seguito di precedenti declaratorie d’incostituzionalità (sentt. 151 del 2009 e 96 del 2015). Nell’articolo si evidenziano sollecitazioni della Corte costituzionale al legislatore per interventi in materia.