Leggi e istituzioni - pagina 13
Il salto di qualità come cultura e governance che il raggiungimento degli ambiziosissimi obiettivi previsti dal PNRR sulla giustizia avrebbe dovuto imporre è ancora lontano. - L’Ufficio per il processo, la riforma più significativa e efficace attuata, in troppi casi si è risolto nell’affiancare al magistrato un assistente personale, senza cogliere questa grande occasione di rinnovamento delle modalità organizzative. E’ mancato uno stabile coordinamento e scambio di esperienze tra gli uffici giudiziari, che sono stati lasciati soli. – L’Ufficio per il processo si scontra con la sempre crescente scopertura degli organici del personale amministrativo e rischia di assorbire i nuovi funzionari UPP nelle Cancellerie per sopperire alle mancanze. - Errori cui si può deve rimediare. - La digitalizzazione è un asse strategico di intervento, non una mera questione tecnica. Dovrebbe partire e rispondere alle esigenze degli utenti in quanto è oggi formante della giurisdizione che incide sulle modalità quotidiane di lavoro. Invece oggi l’attività del Ministero è lontana e non si confronta con uffici giudiziari e avvocati. Il rischio è di avere un contesto lavorativo plasmato dalle esigenze delle tecnologie e non, come sarebbe auspicabile, delle tecnologie plasmate sulle nostre esigenze lavorative. –L’Ufficio per il processo, la digitalizzazione e l’impatto che sta avendo ed avrà l’intelligenza artificiale anche nella giustizia danno la possibilità e sono l’occasione per ripensare l’organizzazione degli uffici e le modalità di lavoro. L’innovazione, la capacità di cambiare e di avere una visione generale dovrebbero essere la nostra prospettiva, nel contempo sognatori e pragmatici.
Scheda sull'ordinanza del Tribunale di Roma, Sez. XVIII Civile, 9 settembre 2022
Il testo riproduce l’intervento alla sessione Città e lavoro, a cui hanno preso parte anche Rita Sanlorenzo e Sandra Burchi, nell’ambito del Festival Parole di giustizia intitolato Una città per pensare svoltosi a Pesaro, Fano e Urbino tra il 20 ed il 23 ottobre 2022
Sommario: 1. Ideologie della giurisdizione: da Bellagio a Gardone – 2. Tra gli anni ‘60 e il 1978: scongelamento della Costituzione e svolta di civiltà – 3. Via Fani e i 55 giorni: la nuova glaciazione – 4. Il giudice a una dimensione
Mentre nelle economie più avanzate l’uso del contante si sta riducendo fisiologicamente, anche in assenza di tetti e divieti, il nuovo Governo, abbandonando la linea restrittiva dei suoi immediati predecessori, si dichiara pronto a innalzare di nuovo e sensibilmente – a 5000 euro – il tetto dei trasferimenti in danaro tra persone fisiche e persone giuridiche, scrivendo così un nuovo capitolo dell’interminabile saga iniziata nel lontano 1991. Anche chi non condivide le tesi radicali che propugnano un pressocché totale abbandono del contante per ragioni di trasparenza, sicurezza e igiene, resta perplesso rispetto all’alto livello del tetto e all’assoluta inconsistenza delle motivazioni addotte per un così brusco innalzamento. La comune esperienza degli acquirenti di beni e servizi e i lavori di studiosi qualificati convergono nel mostrare che ci sono “relazioni pericolose” tra accresciuto livello dei trasferimenti in contante e dimensioni dell’economia sommersa, con il suo corredo di illeciti economici e fiscali. L’ennesimo intervento legislativo sul contante – che in origine si voleva attuare con decreto legge e che, in ragione dell’evidente assenza dei requisiti per la decretazione d’urgenza, è stato rinviato all’approvazione della legge di bilancio – rischia di essere interpretato come un segnale di indulgenza e un sostanziale “via libera” a forme di microevasione estremamente dannose per le finanze pubbliche, e può, inoltre, concorrere a creare un ambiente maggiormente favorevole al riciclaggio.
Il testo riproduce l’introduzione alla sessione Città e lavoro, a cui hanno preso parte anche Carla Ponterio e Sandra Burchi, nell’ambito del Festival Parole di giustizia intitolato Una città per pensare svoltosi a Pesaro, Fano e Urbino tra il 20 ed il 23 ottobre 2022
La brevissima storia di una convalida di arresto: per provare a dire che nonostante la coazione alla giurisdizione paraziendalistica non è inevitabile rassegnarsi allo smaltimento degli affari semplici, non è inevitabile rinunciare a essere, come magistrati, persone che incontrano persone.
L’ordinanza in commento è stata già esaminata in diverse sedi e sostanzialmente demolita dal Tribunale del Riesame, sì che indulgere oltre in critiche potrebbe sembrare vano accanimento, ma c’è qualcosa in essa che continua ad interrogare e di cui si ode l’eco in vicende giudiziarie succedutele, nel medesimo od in analoghi contesti lavorativi. Qualcosa che, nel contempo, si fa eco di vicende antiche che non hanno mai smesso d’interrogare e rimbombano alle orecchie di un giudice del lavoro in questo nuovo millennio.
La nuova fattispecie delittuosa di invasione di terreni o edifici per raduni “pericolosi”, subito ribattezzata “norma anti-rave”, è in realtà idonea a sanzionare una serie assai più ampia di condotte e di fenomeni ed ha suscitato critiche unanimi che hanno messo in luce la scarsa cifra di determinatezza e di offensività della norma incriminatrice e il rischio di collisione con l’esercizio del diritto di riunione, costituzionalmente garantito dall’art. 17 Cost.
L’intervento pronunciato dal professor Nicolò Lipari a conclusione della Giornata europea della giustizia civile svoltasi a Milano il 25 ottobre 2022
Le linee guida varate dagli Osservatori della giustizia civile vogliono essere il grimaldello per spalancare la porta alla consapevolezza che bisogna avere grande cura delle parole che si usano nel processo, e che nel percorso che conduce alla decisione le emozioni hanno una parte fondamentale
Questione giustizia ha rivolto a dirigenti e candidati di Magistratura democratica alcune domande sulla situazione della magistratura all'indomani della tornata elettorale del CSM. Risponde Cinzia Barillà
La più recente giurisprudenza ha messo in crisi il consolidato equilibrio raggiunto nella disciplina della prescrizione delle prestazioni spettanti per le malattie professionali, grazie ad un meditato orientamento che teneva insieme l‘impianto originario delle garanzie dettate dal TU INAIL, le istanze di tutela fatte valere dalla Corte Costituzionale in alcuni casi particolari, la disciplina generale della prescrizione (Sez. Un. 576/2008). E’ quanto mai urgente perciò ripristinare una interpretazione più plausibile rispetto al sistema ed ai suoi principi fondamentali. Quelli che portavano la Corte Costituzionale (n.206 del 1988) ad affermare che “ quand'anche la tardiva presentazione della denunzia fosse ascrivibile in tutto o in parte all'ignoranza o alla negligenza o alle stesse pessime condizioni di salute del lavoratore, il privarlo per ciò solo di ogni indennizzo rappresenta pur sempre una manifesta violazione del principio di cui all'art. 38 Cost.”
Una prima analisi delle disposizioni del decreto-legge 162/2022 in materia di ergastolo ostativo. Superarlo effettivamente sarà un compito dell’interprete.
Il contributo, il cui nucleo essenziale ha costituito la traccia per l’intervento pronunciato in occasione del Congresso dell’Associazione nazionale magistrati, nel corso della sessione “Crisi e rilancio dell’attività associativa”, il 15 ottobre 2022, a Roma, vuole presentare i contenuti di una proposta di rinnovamento della magistratura progressista, nella prospettiva di un legame strutturale con la società civile e con gli altri corpi intermedi, improntato alla salvaguardia dello Stato di diritto e alla tutela dei diritti umani.
La relazione svolta al Corso “Storia della magistratura e dell’associazionismo”, Scuola Superiore della Magistratura (Scandicci 4 ottobre 2022)
Un bilancio della normativa in materia di licenziamenti con particolare riguardo ai limiti alla tutela reintegratoria che la Legge Fornero del 2012 e il Jobs Act del 2015 hanno ritenuto di introdurre, in parte messi in discussione dalle modifiche ai testi di legge da parte della Corte costituzionale e dall’interpretazione delle stesse norme da parte dei giudici di merito e di legittimità. Sicuramente ne è risultato un ampliamento delle tutele, ma non tale da far ritenere ripristinata la “tutela reale” del posto di lavoro, così come era garantita dal testo originario dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che, a fronte dell’accertata illegittimità del recesso, prevedeva la completa reintegrazione nella posizione giuridica pre-esistente fatta illegittimamente cessare. Da ciò consegue il ribadito principio della non decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro in costanza di rapporto.
Pubblichiamo il testo della relazione introduttiva svolta il 14 ottobre 2022 dal professor Gaetano Silvestri nella prima sessione del 35° Congresso nazionale dell’Associazione nazionale magistrati.
Sommario: 1. Introduzione – 2. La disciplina esistente fino alla prima dichiarazione di incostituzionalità – 3. Le decisioni delle Corti europee – 4. Le precedenti sentenze della Corte costituzionale italiana – 5. La sentenza della Corte costituzionale del 2022 – 5.1. «Il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato». Condivisibilità del principio e regole di contorno – 5.2. È «fatto salvo l’accordo (... dei genitori di) attribuire (al figlio) il cognome di uno di loro soltanto». Accordo dei genitori versus identità del figlio
L'introduzione di Ezia Maccora al fascicolo 2-3/2022 di Questione Giustizia trimestrale, dedicata alle riforme dell'ordinamento giudiziario
La proposta di nuova direttiva sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale
Intervento conclusivo del convegno Intelligenza artificiale, giustizia e diritti umani organizzato il 20 settembre 2022 da Magistratura democratica in collaborazione con la Fondazione Forense di Padova, il Dipartimento di Diritto pubblico, internazionale e comunitario e il Dipartimento di diritto privato e critica del diritto dell’Università degli Studi di Padova
L’indipendenza responsabile è il valore costituzionale che regge l’ordine della magistratura nel contesto pluralistico della democrazia liberale contemporanea. Essa dovrebbe oggi costituire l’identità del magistrato e contribuire all’elaborazione di una visione con cui affrontare le sfide del nostro tempo.
Con il decreto legislativo in attuazione della legge delega 27 settembre 2021 n. 134 è stata definitivamente approvata la "disciplina organica" della giustizia riparativa.
L’idea di una giustizia della riparazione, nella sua contrapposizione alla tradizionale giustizia punitiva, ha un che di indubitabilmente rivoluzionario, in quanto modello di giustizia fondato essenzialmente sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro. Il tempo era ormai maturo per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di giustizia riparativa, già presenti nell’ordinamento in forma sperimentale e che stavano mostrando esiti fecondi. La giustizia della riparazione introduce nel sistema una dialettica "tripolare": non c’è più solo lo Stato che punisce e l’autore del reato che subisce la pena, c’è anche la vittima che è sparita dal processo a causa della tradizione del garantismo, ispirato allo scopo di impedire la vendetta privata e che vede la vittima sostituita dallo Stato ma neutralizzata nel processo, spettatrice e spesso vittima due volte. Il paradigma riparativo permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se entrambi vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale.
La scelta italiana è stata quella di un percorso "parallelo" volto alla ricomposizione del conflitto: non una giustizia alternativa alla giustizia tradizionale (con superamento del paradigma punitivo), e nemmeno un modello sussidiario, bensì complementare, volto alla ricomposizione del conflitto poiché compito dello Stato è anche quello di promuovere la pacificazione sociale.
Anche il ruolo del Giudice muta: egli si mette non sopra il conflitto ma dentro di esso per risolverlo, non si limita ad assolvere o a condannare e, senza perdere la sua neutralità, compie il difficile cammino verso una ricomposizione che riqualifica sia il senso di un processo giusto che il senso stesso della pena inflitta.
L’innovativa regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione e la conseguente nuova norma che prescrive al giudice dell’udienza preliminare di pronunziare sentenza di non luogo a procedere «anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna» sono destinate ad incidere profondamente sui compiti e sul ruolo del pubblico ministero, del giudice dell’udienza preliminare e del difensore.
L’articolo esamina tali trasformazioni e si sofferma sul tema della capacità dei protagonisti tecnici della giurisdizione, pubblici e privati, di metabolizzare l’importante mutamento di paradigma processuale del quale la riforma in esame si è fatta portatrice e che ha di fatto anticipato il baricentro dell’accertamento giudiziario della responsabilità dell’imputato, dalla fase del dibattimento vero e proprio, a quella, precedente, del controllo sulle risultanze delle indagini.